Il tennis? Bianco come la seta

Chiudiamo gli occhi e pensiamo per un attimo al colore che ci restituisce un’immagine di purezza. Fatto? È facile indovinare che molti di noi abbiano visualizzato il colore bianco.
È naturale: primo tra tutti i colori, il bianco rappresenta la libertà, la pace, la purificazione, un nuovo inizio. Bianca è la neve, bianco è il batuffolo di cotone. Non è forse bianco anche il nostro amato baco da seta? Bianco, ancora oggi e dal 1880, è il solo colore ammesso dal codice di abbigliamento del torneo di tennis più antico e prestigioso al mondo: stiamo parlando di Wimbledon naturalmente.

Questione di purezza?

Non proprio. La ragione della scelta fu soprattutto pratica: il bianco permetteva di nascondere le inevitabili macchie di sudore dai vestiti dei giocatori, che sarebbero state molto più evidenti su abiti colorati. Inoltre rifletteva la luce, mantenendo “al fresco” chi giocava sotto il sole. Potrebbe farci sorridere oggi, ma nell’Inghilterra vittoriana il sudore, anche per gli sportivi, era considerato imbarazzante.

Regole “wimbledoniane” a parte (che di fatto hanno contribuito a consolidare la tradizione del bianco nell’immaginario collettivo), tra tutti gli sport il tennis è quello che forse ha più influenzato la moda, dettando dei veri e propri “canoni” di stile.

Fonte: supertennis.tv

E i tessuti?

È curioso scoprire che la storia delle tecnofibre, o fibre artificiali, inizia solo 4 anni dopo il già citato 1880, quando cioè si riuscì a trasformare un derivato della cellulosa (la nitrocellulosa) in un filo attraverso l’estrusione. La ricerca, per quanto riguarda il tennis, si è sempre concentrata nel miglioramento della traspirabilità dei tessuti, fossero essi in tecnofibre e più tardi, dopo gli anni ‘40, in microfibre. Antesignana dei cambiamenti in questa direzione fu una donna, o meglio la prima tennista professionista, e vincitrice di Wimbledon, Suzanne Lenglen.

Fonte: clubspark.lta.org.uk

Agli inizi del ‘900 le donne che praticavano il tennis dovevano indossare gonne lunghe, corpetti coprenti e grandi cappelli che impedivano loro di muoversi con agilità. La campionessa francese abbandonò del tutto i corpetti e cominciò ad indossare maglie di seta, gonne a pieghe di seta bianche e colorati turbanti, sempre rigorosamente di seta. Era Jean Patou a disegnare questi piccoli capolavori e, da pioniere, a prevederli per la donna nuova degli anni ‘20, che doveva sentirsi originale, ma soprattutto fresca e naturale. Proprio come la seta, che per queste primarie caratteristiche è ancora oggi la fibra più imitata al mondo.

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